L’Inquinamento Luminoso (IL o InqLum)
Se le stelle, anziché brillare continuamente sul nostro capo, non si potessero vedere che da un solo punto della Terra, gli uomini non cesserebbero di recarvisi per contemplare ed ammirare le meraviglie dei Cieli
SENECA
Ma quante sono le stelle visibili nel firmamento? Chi ha osservato la volta stellata da località con il cielo sufficientemente scuro è tentato di dire: MILIONI!!!
La realtà, invece, ci dice che sono molte di meno. Proviamo a fare un pò di conti: le stelle visbili ad occhio nudo nei due emisferi sono circa 6.000 (convenzionalmente si intendono visibili ad occhio nudo le stelle di luminosità fino alla 6^ Magnitudine Visuale).
Quindi in ogni emisfero, poichè riusciamo anche ad osservare parte delle stelle presenti nell’altro emisfero, se ne possono vedere poco più della metà (circa 4.000). Questo, però, è vero se prendiamo in considerazione tutto l’arco dell’anno anno perchè non tutte le stelle sono visibili contemporaneamente (la loro visibilità dipende dalla posizione e dalla stagione dell’anno). Allora il numero di stelle visibili in una notte si riduce a circa un migliaio (beninteso se osserviamo da una località con il cielo pulito).
Ma dalle nostre città quante stelle si vedono veramente? La situazione è complessa ma, come generalmente risulta dalle esperienze condotte nell’ambito dell’iniziativa “Gli Studenti fanno vedere le Stelle” ideata e coordinata dal MIUR (Ministero dell’Università e della Ricerca Scientifica) e dalla UAI (Unione Astrofili Italiani) alla quale si sono aggiunti man mano anche altri Enti partecipanti, le stelle visibili nelle nostre città sono, mediamente non più di 240 e cioè soltanto quelle fino alla Magnitudine 3,5 circa.
In pratica dalle nostre città non si riesce quasi mai a scorgere più del 4% del numero totale delle stelle visibili ad occhio nudo.
In Lombardia, Campania e Lazio circa i 3/4 della popolazione non riescono più a vedere la Via lattea; (dati ISTIL)
La situazione è leggermente migliore in altre Regioni italiane fino ad arrivare alle discrete condizioni di Molise, Basilicata, Sardegna e parte della Toscana dove circa l’80% della popolazione vive in località dove è possibile scorgere la Via Lattea.
Poichè certamente le stelle non si sono spente (prima che una stella arrivi al termine della sua vita occorrono decine di milioni se non addirittura miliardi di anni), ci domandiamo: chi ci ha rubato il cielo stellato?
La risposta è: l’INQUINAMENTO LUMINOSO
Cosa vuol dire INQUINAMENTO LUMINOSO?
MAPPA MONDIALE DELLA DISTRIBUZIONE DELL’INQUINAMENTO LUMINOSO
Per dare una definizione dell’inquinamento luminoso si può partire da quella presente nella L.R. 12/02. L’articolo 2 così recita:
Art. 2 Definizioni
1. Ai fini dell’applicazione della presente legge si intende per:
a) inquinamento luminoso: emissione di luce artificiale rivolta direttamente o indirettamente verso la volta celeste;
b) inquinamento ottico: emissione diretta o indiretta di luce verso oggetti e soggetti, naturali o manufatti dell’uomo, che non è necessario illuminare;
In effetti quali sono le conseguenze dell’inquinamento luminoso?
La luce, naturale o artificiale che sia, tende a diffondersi in tutte le direzioni.
In questa diffusione la luce viene “aiutata” dalle polveri presenti in sospensione nella nostra atmosfera: il livello naturale di polveri è abbastanza basso ma le attività umane ne aumentano di molto la quantità presente e, di conseguenza, anche la capacità di diffondere la luce.
La luce artificiale è sicuramente di grande utilità per lo svolgimento delle attività umane poichè serve per illuminare strade, piazze o altri luoghi di passaggio in modo da evitare che un pedone o un automobilista, non vedendolo, incappino (impattino) in qualche ostacolo.
L’illuminazione notturna sfrutta l’effetto del contrasto (ovvero rende visibile una sagoma più scura su un fondo luminoso), è sempre rivolta verso il basso.
Però molta luce, a causa di impianti fatti male (ma anche, spesso, volutamente), viene dispersa verso l’alto o in direzione quasi orizzontale (bassi angoli) in modo incontrollato ed è visibile a grandissima distanza: se non fosse per la presenza delle polveri che (oltre all’effetto di diffusione) attenuano man mano l’intensità della luce, la visibilità di un raggio luminoso emesso in orizzontale sarebbe limitata solo dalla curvatura della terra.
Questa luce dispersa, il più delle volte, è un inutile spreco di energia e rappresenta la causa scatenante dell’inquinamento luminoso.
La luce dispersa fa si che nell’ambiente aumenti la luminosità di fondo (la nostra atmosfera possiede comunque una sua luminosità naturale appena percettibile).
L’aumentare della luce di fondo fa si che la luminosità del cielo aumenti. Quando la luminosità del cielo, a causa dell’introduzione delle luci artificiali, supera dei determinati valori (piuttosto bassi), si ha un degrado della trasparenza e quindi anche della visibilità delle stelle come se nell’atmosfera aleggiasse una perenne nebbia: le stelle più debili, man mano, diventano invisibili. Lontano dalle fonti luminose l’effetto è appena percettibile ma, avvicinandosi alle città, l’effetto diventa più marcato sino a far scomparire anche le stelle più luminose.
Queste poche parole non rendono l’idea degli effetti dell’illuminazione artificiale nello sconvolgere gli equilibri naturali del periodo buio-luce.
E non solo, sappiamo da studi scientifici che gli insetti fotosensibili sono attratti dalle luci notturne e questo può provocare addirittura l’interruzione di flussi migratori di specie di insetti che potevano entrare a far parte della catena alimentare animale e contribuire anche alla biodiversità.
D’altra parte c’è anche qualcuno che, in maniera alquanto semplicistica, afferma che
“l’inquinamento luminoso è una forma di inquinamento che non esiste: basta girare l’interruttore e il problema si risolve”
Tutto vero ma non condivisibile in quanto, prima di fare una affermazione del genere, occorrerebbe calarsi nella realtà del tempo in cui viviamo.
E la realtà del tempo in cui viviamo ci parla di una società che tende a sfruttare al massimo tutte le ventiquattro ore di cui è composta una giornata.
Questo vuol dire che per svolgere le attività notturne, non potendo invertire la rotazione della Terra per avere il sole sempre sopra l’orizzonte, dobbiamo fare uso della illuminazione artificale con tutto quel che ne consegue.
Si capisce, perciò, che “girare l’interruttore” non solo non basta ma è addirittura controproducente.
In pratica, come per qualsiasi ritrovato della tecnologia che porta benefici da un lato ma danni dall’altro, bisogna abituarsi a convivere con l’inquinamento luminoso in quanto le luci sono pur sempre utili allo svolgimento delle attività umane.
Convivere non vuol dire, però, farsi sopraffare da esse.
Un’altra affermazione molto utilizzata è quella per cui viene detto:
“va bene, allora illuminiamo città, strade, aree industriali, eccetera come preferiamo ma salviamo dall’inquinamento luminoso le aree naturali in modo che in queste, sulla mano dell’uomo, prevalga la conservazione dell’ambiente per mantenerlo quanto più intatto possibile”
A prima vista sembrerebbe una considerazione ragionevole: abbiamo le aree dove viene conservata la natura e abbiamo le aree urbanizzate. Il ragionamento è semplice e comprensibile da chiunque: teniamo distinte le due tipologie e facciamo il massimo possibile per la salvaguardia dell’ambiente nelle aree protette.
C’è, però, un problema che sul momento non appare e di cui abbiamo già trattato: la luce si diffonde (ed è diffusa) nell’atmosfera (e dall’atmosfera) e tutto ciò che viene diffuso dall’atmosfera non può essere confinato in alcun modo.
Possiamo stabilire i limiti di un bosco o di una città, ma non possiamo bloccare la circolazione dell’atmosfera e la diffusione della luce.
Anche la diffusione della luce a bassi angoli (in linea quasi orizzontale) contribuisce al velo diffuso della nostra atmosfera e, in questo caso, ha anche lo svantaggio di propagarsi a grande distanza essendo la sua diffusione potenzialmente limitata solo dalla curvatura della superficie terrestre.
Un’area mal illuminata (in genere quasi tutte le aree industriali), un’area molto illuminata (ad esempio gli stadi di calcio) o una grande area illuminata (ad esempio una città) producono una diffusione della luce (inquinamento luminoso) visibile da grandissime distanze.
Per fare qualche esempio l’illuminazione dello Stadio San Paolo è perfettamente distinguibile osservando dal Centro Direzionale posto a circa 8 Km. di distanza in linea d’aria dallo Stadio (e con la Collina dei Camaldoli che vi si frappone a fare da ulteriore barriera). Ancora la luce prodotta dalla città di Napoli è chiaramente distinguibile dall’Osservatorio di Petina posto, in linea d’aria, a circa 100 Km. di distanza.
Quindi non è pensabile attuare misure atte a limitare l’inquinamento luminoso solo nelle aree protette: si creerebbero delle oasi circondate da un mare di luce.
Apparirebbero come zone non illuminate se viste dall’alto (ad esempio da un satellite) ma per un osservatore posto al loro interno il cielo sarebbe lattiginoso quasi come se non si trovasse in un’area protetta.
Pertanto, poichè i mezzi tecnologici a nostra disposizione lo consentono, far si che l’inquinamento luminoso non si diffonda significa:
1) illuminare esclusivamente dove serve senza sprechi di energia per illuminare zone dove l’illuminazione sarebbe inutile;
2) illuminare in modo che la luce vada esattamente a colpire ciò che si vuole illuminare evitando la diffusione della luce al di fuori delle aree che a noi interessano;
3) applicare le norme per la riduzione dell’inquinamento luminoso a tutto il territorio (Comunale, Regionale, Nazionale);
Altrimenti i risultati ottenuti sarebbero immediatamente vanificati. Tuttalpiù si può diversificare il livello di intervento considerando diversi valori di abbattimento delle emissioni luminose tra aree protette e aree non protette ma la soluzione migliore è certamente quella di avere norme uniformi in tutto il territorio.
E, come corollari,
4) ridurre gli sprechi energetici con enorme beneficio anche per il resto dell’ambiente in quanto si evitano ulteriori immissioni dannose di gas serra e di altre sostanze inquinanti.
L’ultimo concetto espresso è di notevole importanza.
Non va sottovalutato il fatto che per illuminare bisogna consumare energia elettrica e che, per produrre l’energia elettrica necessaria ad accendere le lampade, in attesa delle promesse fonti di energia pulita, occorre bruciare oli combustibili, carbone, imbrigliare fiumi per costruire dighe, costruire Centrali Nucleari: tutte fonti di energia non pulite che contribuiscono all’incremento del livello di inquinamento dell’aria che respiriamo e all’innalzamento della temperatura dell’atmosfera.
Illuminare correttamente, come corollario, pertanto, significa anche ridurre le potenze installate e, quindi, produrre meno gas serra in quanto occorrono minori quantità di energia per ottenere gli stessi (se non superiori) livelli di illuminazione generati da impianti sovradimensionati o obsoleti.
5) ridurre l’inquinamento luminoso giova alla natura.
E’ scientificamente dimostrato che la troppa luce dispersa verso l’alto disorienta uccelli e farfalle notturne addirittura interrompendo flussi migratori che duravano da migliaia di anni.
Ancora si sono misurati effetti di alterazione dei cicli della fotosintesi e, per alcune specie particolarmente sensibili, addirittura un progressivo impoverimento di queste sul suolo italiano
Esiste un ulteriore corollario che ha importanza nella vita di tutti i giorni:
6) gli impianti correttamente progettati per ridurre l’inquinamento luminoso migliorano la qualità della luce al suolo nonchè l’uniformità della stessa con positive conseguenze anche, e soprattutto, sulla sicurezza della guida notturna.
Non per questo, però, si debbono illuminare tutte le strade: basta limitare l’illuminazione ai punti che statisticamente sono fonte di maggiori incidenti per avere notevoli miglioramenti e risparmi di costi sociali.
Questa breve introduzione non è esaustiva di tutto l’argomento, perciò di seguito si riportano alcuni documenti che consentono di approfondire al meglio la conoscenza del problema e, quindi, di acquisire la consapevolezza di come contrastare l’aumento dell’inquinamento luminoso.
– Articolo apparso sul Giornale della Scuola Superiore di Procida (NA) a firma del Prof. Costantino D’Antonio.
– Rapporto sullo stato del Cielo Stellato in Italia (si ringrazia l’ISTIL per la gentile concessione).
Per rendere più chiari alcuni dei termini usati all’interno della legge o comunque nelle trattazioni relative all’illustrazione del problema dell’inquinamento luminoso consigliamo di leggere il seguente articolo:
– Nozioni di Illuminotecnica (Ing. Carlo Rossi – UAI CNIL)
Rimedi (vai alla L.R. 12/02 della Campania)
VISUALIZZA la Legge Regionale Campania
INDICE della L.R. 12/02
Art. 1 – Finalità ed ambito di applicazione
Art. 2 – Definizione
Art. 3 – Prescrizioni
Art. 4 – Requisiti tecnici dei componenti e degli impianti
Art. 5 – Ottimizzazione del Progetto
Art. 6 – Valorizzazione dei centri storici e degli edifici di carattere monumentale e architettonico
Art. 7 – Regolatori di flusso luminoso
Art. 8 – Progetto ed adeguamento degli impianti di illuminazione
Art. 9 – Contributo regionale
Art. 10 – Elenco degli osservatori astronomici ed individuazione delle zone di particolare protezione
Art. 11 – Disposizioni per le zone di particolare protezione
Art. 12 – Competenze della Regione
Art. 13 – Competenze delle Provincie
Art. 14 – Competenze dei Comuni
Art. 15 – Disposizioni finanziarie
Art. 16 – Contributi regionali ai Comuni e alle Aree protette
Art. 17 – Deroghe
Art. 18 – Disposizioni transitorie – Norme provvisorie di salvaguardia
Art. 19 – Sanzioni
Allegati:
Allegato 1 – Sanzioni
Allegato 2 – Elenco Osservatori Astronomici Professionali e Non Professionali
Allegato 3 – Elenco delle Associazioni di Astrofili e Territorio di competenza
Allegato 4 – Elenco delle aree naturali protette
Qualche suggerimento visivo per ILLUMINARE BENE E DOVE SERVE
Conforme alla L.R. Campania n. 12/02
– Criteri per una corretta illuminazione
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